POLITICAPP | 16 febbraio 2018

Scenari prelettorali

Una campagna elettorale poco incisiva con il 18% ancora di indecisi

Inizia l’ultima fase della campagna elettorale. Una competizione che, fin qui, è apparsa agli italiani poco incisiva (32%), fredda e spenta (17%). Il rush finale si presenta sempre di più come una sfida all’ultimo miglio.
Un’ampia quota di elettori, il 18%, che non sa ancora che cosa fare e si suddivide tra quanti (un quarto) è annoverabile tra gli indecisi disorientati (quanti non hanno alcuna idea sul chi votare e sono candidati a infoltire le fila dell’astensione) e quanti, i due terzi, sono degli indecisi orientati (persone che hanno delle simpatie per un partito, ma decideranno definitivamente il proprio voto solo all’ultimo momento).
Quest’ultima porzione di elettori, gli indecisi orientati, è importante per i rapporti di forza elettorali ed è in grado di incidere sul risultato finale. Se scomponiamo il dato, scopriamo che tra gli indecisi orientati il 34% ha simpatie per il PD; il 30% predilige i Cinquestelle e il 29% ha pulsioni verso il centrodestra (la restante quota si suddivide tra gli altri partiti).
A orientare le scelte degli indecisi, o almeno di parte di essi, sono diversi fattori. In primo luogo pesa il leader, il suo appeal e la sua capacità di presa sull’elettorato. La contesa, in questo ambito, si gioca tra Di Maio, che piace al 15% degli indecisi, Salvini (14%) e Renzi (13%).
Più staccato Berlusconi (9%). Oltre al leader, gli indecisi orientati pongono attenzione alle proposte che avanzano i partiti. I temi su cui si giocherà l’ultimo miglio sono cinque: l’aumento dei posti di lavoro (33%), la lotta alla corruzione (24%), la riduzione delle tasse (23%), la lotta alla casta e lo stop agli immigrati (21%). Infine, a incidere sulla scelta di voto delle persone incerte è anche la convinzione che dalle urne non uscirà una maggioranza di governo (convincimento condiviso dal 70% degli elettori, che sale all’82% tra gli indecisi). Una previsione che ha un quadruplice effetto sull’elettorato indeciso.
Fa sentire le mani libere al 21% degli elettori, che possono decidere per M5S, senza avere la preoccupazione che il partito di Grillo vada realmente al governo. Sospinge il 12% a votare per la Lega di Salvini, per limitare ogni possibile Grosse Koalition.

La difficile marcia verso un governo stabile

Induce il 31% a scegliere il PD (21%) e Forza Italia (10%) per dare più forza a un possibile governo di coalizione. La quota restante, invece, trova nell’incertezza post voto uno stimolo per stare a casa.
L’ipotesi di una tornata elettorale transitoria, non in grado di dare un governo stabile al Paese, preoccupa la maggioranza del Paese. Il 60% sottolinea i rischi per la nostra economia, mentre Il 59% è spaventato dai possibili attacchi speculativi della finanza internazionale.
Nonostante le apprensioni, la disponibilità verso un governo di larghe intese rallenta. Oggi è al 39%, in calo del 6% rispetto a un mese fa.
Gli unici a restare convinti delle larghe intese sono gli elettori del PD (80%), mentre tra quelli di Forza Italia la disponibilità è al 37%.
Tra i grillini, invece, la quota dei possibilisti è al 29%.
Fin qui il quadro dell’aria che tira nel Paese. In termini elettorali il centrodestra resta la prima coalizione (tra il 34,2-36,2%), con una cassa di espansione possibile del 2%.
Il centrosinistra oscilla tra il 27,6 e il 29,6%, mentre i Cinquestelle ondeggiano tra il 27,3 e il 29,3%, con una cassa di espansione che potrebbe farli crescere ancora un po’. Liberi e Uguali è tra il 5,5 e il 6,2%. In termini di seggi, alla Camera dei Deputati, il centrosinistra potrebbe oscillare tra i 151 e i 161 onorevoli; il centrodestra tra i 263 e i 273; M5s tra i 174 e i 184, cui vanno sottratti gli espulsi di questi giorni. Liberi e uguali potrebbe avere tra i 21 e i 27 deputati. I rapporti di forza parlamentari, in presenza di un alto numero di indecisi, sono ancora soggetti a mutamenti. La lotta nei territori vede almeno 70-75 collegi in bilico. Una quota in grado di spostare gli assetti parlamentari.
Il quadro al Senato è leggermente differente.
Nella camera alta i pentastellati hanno minor forza e si fermano a quota 26%, mentre il centrodestra appare più forte potendo valicare quota 38%. Il centrosinistra resta, invece, sulle proprie posizioni, con la possibilità di arrivare oltre il 29%.

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