POLITICAPP | 10 marzo 2017

Corruzione ed economia

Mano pesante contro la corruzione

Mano pesante contro la corruzione. La rabbia che attraversa le viscere emozionali degli italiani non è generata solo dalla crisi, dall’aver perso status sociale e tranquillità, dal non vedere prospettive per i figli, è anche il prodotto del disagio, dell’indignazione, della stanchezza per un Paese che produce poche idee, poca innovazione, ma valanghe di furbi, furbetti, corruttori, ladri in doppio petto e dai lauti stipendi.  
“Mani pulite” è, ormai, un ricordo molto sbiadito. Le speranze accese da quella stagione appaiono un puntino remoto, logoro nella sua identità, superato nettamente da una realtà corruttiva che è proliferata a dismisura. Per il 48% degli italiani la corruzione in questi 25 anni è aumentata in modo sostanziale. Per un altro 27% è comunque aumentata. Dati che portano i tre quarti degli italiani a ritenere nettamente accresciuta la pulsione a corrompere da parte delle imprese e a farsi corrompere da parte di politici, funzionari e dirigenti pubblici.
Il rapporto della Commissione Europea sulla corruzione (del 2014), per parte sua, valutava i costi di questo fenomeno in circa 120 miliardi di euro all'anno per l’intera Unione a 28 stati. L’Italia, con i suoi 60 miliardi, contribuiva al 50% di tale costo. Il peso del fenomeno nostrano non solo è evidente nei dati della commissione, ma è ben chiaro anche agli italiani che, contro il suo incedere, auspicano una svolta secca, decisa, senza se e senza ma: un attacco duro, diretto al cuore del modello affaristico italiano, trattando corrotti e corruttori come un cancro da estirpare. L’81% dell’opinione pubblica si pronuncia in modo inequivocabile per l’applicazione alla corruzione di norme simili a quelle utilizzate contro le mafie. Gli italiani non puntano il dito solo contro il politico corrotto, ma orientano il proprio livore anche verso chi fa affari, verso gli imprenditori che vincono gli appalti pagando mazzette. Un livore che si esprime nella richiesta di pene severe per tutti: 20 anni d’interdizione dai pubblici affari per il funzionario, dirigente, politico che prende le mazzette (favorevole il 90% degli italiani);  10 anni di privazione da qualunque possibilità di fare impresa, di esercitare la propria professione per chi paga le mazzette, per chi corrompe un politico e un dirigente pubblico (favorevole il 76% dell’opinione pubblica). Se il bisogno di arginare i fenomeni corruttivi cresce nel nostro Paese, diminuisce, per converso, la fiducia nella magistratura. Solo il 44% degli italiani ha molta e abbastanza fiducia in essa. Un dato in netto calo rispetto a 23 anni fa: nel 1994 aveva fiducia nei magistrati il 66% degli italiani. Cifra che era crollata al 40% nel 2004, per poi iniziare una sorta di altalena, con il picco più basso nel 2015 (36%) e il ritorno oltre quota quaranta di febbraio 2017. Il tema della corruzione e della questione morale sono al centro dell’agenda politica degli italiani. Sono la prima frattura sociale. Sono il primo fattore che sorregge l’adesione o meno a un partito. Sono il primo elemento di discrimine tra le élite e il popolo.

I danni all’economia del malcostume corruttivo

Una centralità legata non solo al bisogno di fare pulizia, ma sorretta dalla convinzione che il sistema corruttivo è parte in causa nelle acclarate difficoltà di ripresa economica del nostro Paese. Gli studi economici sul nesso tra corruzione e crescita nelle Regioni hanno dimostrato da tempo il peso della corruzione sullo sviluppo italico. Nel corso degli ultimi 50 anni, la corruzione ha avuto un impatto negativo sulla crescita di alcuni territori, scoraggiando gli investimenti, creando un clima sfavorevole alle attività imprenditoriali, riducendo l’impatto degli investimenti pubblici, comprimendo i tassi di dinamismo. La corruzione, infatti, innesca effetti a catena sull’intero tessuto economico e sociale del Paese. Come una metastasi danneggia tutti i gangli vitali di una nazione, generando un lungo elenco di distorsioni. In primo luogo la corruzione altera il funzionamento dei  prezzi, ostacola il libero mercato e l’esplicarsi di una reale concorrenza. Agevola  la chiusura di aziende sane. Colpisce il mercato del lavoro, spingendo al reclutamento di risorse umane a bassa qualificazione e schiacciando la professionalità d’imprese e persone verso il basso. Sospinge imprese e persone al rent seeking, alla ricerca di rendita economica per mezzo della manipolazione dell'ambiente economico e non attraverso la produzione di valore aggiunto. Rende meno fertile l’ambiente economico per la nascita di nuove imprese e nuove iniziative imprenditoriali (gli imprenditori corrotti, sfruttando amicizie e cordate privilegiate, creano nuove barriere all’entrata di nuove imprese sul mercato). Alimenta lo sviluppo e il proliferare dell’economia informale. Determina l’inefficacia degli sforzi e degli investimenti pubblici. Implica la distorsione nell’allocazione delle risorse finanziarie private e pubbliche, perché i proventi della corruzione non diventano fonte di nuovi investimenti produttivi, bensì prebende e benefit per l’agio di singoli. È fonte di diseguaglianze sociali, perché alimenta una redistribuzione reddituale verso soggetti non meritevoli e sposta le risorse verso i segmenti sociali più abbienti. L’elenco potrebbe ancora continuare, ma è chiaro che il tema corruzione non coinvolge solo e tanto la questione morale, ma genera anche enormi problemi economici e sociali al nostro Paese. Esso è fonte d’improduttività, è freno alla crescita economica e d’impresa, è causa di povertà e distribuzione diseguale.
Mettere mano, in modo chiaro e netto, al tema della lotta alla corruzione è una priorità per gli italiani e una sfida per tutti i partiti, sia sul piano della questione morale, sia su quello economico e sociale. Il tema, infatti, non si risolve solo con le regolette (pur giuste) su rimborsi e scontrini, ma implica lo sviluppo di una nuova cultura della legalità nella piena consapevolezza di quello che Sandro Pertini diceva nel lontano 1980: "i corrotti ed i disonesti sono indegni di appartenere al popolo italiano e devono essere colpiti senza alcuna considerazione. […] Offendono i milioni e milioni di italiani che pur di vivere onesti impongono gravi sacrifici a se stessi e alle loro famiglie".

 

ULTIMI 25 ANNI

“Mani pulite” non ha fermato il malcostume italico

PER FERMARE LA CORRUZIONE

Una nuova legislazione sullo stile dell’antimafia

POLITICI CORROTTI

Via da tutte le cariche per almeno vent’anni

IMPRENDITORI CORRUTTORI

Interdetti dal fare impresa per almeno dieci anni

FIDUCIA

L’immagine sbiadita delle toghe italiane

L'EVOLUZIONE DELLA FIDUCIA

In più di vent’anni persi oltre 20 punti di stima