POLITICAPP | 17 novembre 2017

Il ceto medio e i partiti

L’evoluzione del voto del ceto medio negli ultimi 5 anni

La rabbia e la delusione. Il senso di perdita che ha marcato il ceto medio italiano nel corso degli ultimi anni, ha avuto riflessi sulle scelte di voto. I dieci anni di crisi economica non hanno determinato solo lo sfarinamento del ceto medio (nel 2002, quasi il 70% degli italiani si sentiva e si percepiva middle class, oggi siamo scesi al 44%), ma hanno anche condotto a un riassetto politico all’interno di questo segmento sociale, con un mutamento delle proprie abitudini e delle motivazioni di voto. Entrato nel nuovo millennio con una marcata propensione verso il centrodestra, si è ritrovato, al giro di boa del primo decennio, spalmato su vari partiti e l’irrompere dei Cinquestelle ha catalizzato, fin dall’inizio, le attenzioni e i voti di quasi un terzo del ceto medio.
Nella tornata elettorale del 2013, la middle class nazionale si era suddivisa, soprattutto, tra quattro partiti: il 7%, aveva optato per Monti, il 29% aveva votato il PD, il 26% M5S e il 22% il PDL.
Complessivamente il PD, rispetto alla media dei voti presi, ha ricevuto un afflusso maggiore del 4% di consensi dal ceto medio.
Lo stesso è avvenuto per i grillini (+ 2%) e per l’allora Pdl (+1%). Cinque anni dopo le dinamiche sembrano mutate.
Il PD ha perso una parte del voto del ceto medio, scendendo dal 29% al 22%.
Il Movimento Cinquestelle ha, invece, accresciuto il proprio insediamento nella middle class (+2%), mentre il centrodestra ha vissuto un riassetto interno.
A catalizzare parte dei consensi del ceto medio, in questi ultimi anni, è stata, soprattutto, le Lega Nord di Salvini (che è passata dal 4% al 13%), mentre Forza Italia è scesa a poco meno del 17%.

Il driver per il ceto medio: un partito vicino alla gente

Se osserviamo gli equilibri interni ai diversi blocchi elettorali, scopriamo anche un altro dato interessante: sia MDP, sia Sinistra italiana hanno, nel blocco elettorale di riferimento, una consistente presenza del ceto medio.
Votano per MDP il 3,4% del ceto medio, contro una media complessiva del 2,9%; mentre per il partito di Fratoianni si schiera il 2,7% degli appartenenti alla middle class, contro una media del 2,1%.
Passando dalle ipotesi di voto alle motivazioni di scelta, osserviamo una costellazione di motori propulsori, su cui sovrastano due temi: riconoscere il partito prescelto come quello più vicino alla gente comune (24%); percepire la forza politica di riferimento come quella che ha le proposte politiche più credibili (18%).
Seguono altre tre prerogative, tutte al 12%: l’affidabilità, l’onestà e la maggiore concretezza rispetto agli altri. Per una quota minoritaria (6%) la scelta di voto è dettata dalla rabbia, mentre per un altro 6% il voto arriva, anche turandosi il naso, al partito che offre maggiori garanzie di capacità di governo.
Nel corso degli ultimi dieci anni, abbiamo assistito anche a un vero cambio di comportamento e mentalità nel percorso che genera la scelta finale di voto.
Nel ceto medio è ormai consolidato il disancoramento dalle ideologie e dalle abitudini e la maggioranza delle persone sceglie per chi votare in ragione di un mix di fattori, in cui gli elementi razionali sono, marcatamente, sovrastati da motivazioni di chiara marca empatico-emozionale.
Mettendo a confronto le diverse motivazioni di voto del ceto medio, rispetto alla media della popolazione, scopriamo che in questo blocco sociale è più forte il driver della percezione di vicinanza alla gente (+5% rispetto alla media nazionale), mentre risultano più deboli altri elementi come la bravura del leader (-5% rispetto alla media), la capacità di governo (-4%) e l’ancoraggio alla  tradizione familiare e personale (-2%).

COME VOTA IL CETO MEDIO

Un terzo sceglie il centrodestra, più di un quarto M5S

LE MOTIVAZIONI DEL VOTO

Si sceglie il partito più vicino o quello ritenuto più credibile

CETO MEDIO

Piace di più il partito che sa capire la gente